A suo tempo, nei giorni seguenti
il terremoto del 2009, mi hanno sconvolto le immagini aeree e satellitari della
città dell’Aquila e dei paesi del territorio interessato alla tremenda scossa.
Territorio ricoperto di polvere
completamente grigio, montagne di macerie, paesi devastati. L’assenza totale di
vita, le macerie come soffocate da una cappa velenosa e cattiva, l’aria
circostante intrisa di disperazione e privazione di ogni cosa mentre la natura
procedeva nei suoi stravolgimenti ambientali incurante del dolore e delle
parole al vento di chi promette mari e monti.
Gente che si sarebbe preparata ad
anni di attesa e di disperazione fisica ed interiore. Inconsciamente penso,
mentre ricordo quasi affascinato quelle immagini, che a me non capiterà mai
quella disgrazia e continuo la mia vita di sempre. E’ come quando seguiamo un
funerale e lo attraversiamo con lo sguardo pensando che a noi non riguarda, una
frazione di secondo e siamo noi gli interpreti
principali.
Una frazione di secondo e un
boato avvolge la nostra casa distruggendola.
Una frazione di secondo e la vita
si trasforma in morte.
Una frazione di secondo e ci
ritroviamo soli, che si è perso tutto quello che si aveva e non ci resta che
l’ansia dell’attesa e di una speranza di vita da ricominciare a poco a poco e
si impara ad accettare la sofferenza perché fa parte di noi.
Una frazione di secondo e la
realtà sparisce come se tutto il resto non avesse senso e a quel punto ti
chiedi perché mai sei vivo. E ti domandi se non ci sia forse un errore.
Se quella geniale struttura che è
il mondo che ci circonda non abbia cominciato a sgretolarsi per colpa nostra.
Perché fino a quel momento era realizzata in una maniera perfetta, ma adesso fa
acqua dappertutto.
E’ tutto grigio. C’è una nebbia
talmente fitta ed incredibile che impedisce addirittura di vedere i propri
piedi. Tutto grigio, nebbia ovunque ma si intravede un cerchio perfetto in
alto, azzurrino e cereo.
Si vede la luna nel cielo.
Dopo la luna viene il sole.
La rinascita.
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