Passa ai contenuti principali

Post

Visualizzazione dei post da 2012

Giardini segreti

Forse non ci si fa caso ma in tutte le città ci sono dei giardini segreti visibili ma invisibili agli occhi di chi non sa scoprirli, non sempre loro si concedono a noi ma io a volte, quando voglio un momento mio, quando ho voglia di silenzio e di pace, vado lì, nel piccolo giardino piccolissimo in mezzo alle case che, dietro all’anonimo muro di cinta, conserva una calma irreale, la luce soffusa filtrata dagli alberi, un maestoso silenzio, una piccola arroganza di quiete in tanto tumulto. Come varchi la porta ecco che lasci alle spalle tutti i carichi della vita, da quell’ingresso stretto non può passare nient’altro che te stesso, i guai, le preoccupazioni, le mille parole i mille pensieri no, quello zaino sulle spalle non passa di lì. Lì dentro entri solamente per come sei, vai lì per stare con lui semplice, immutabilmente accogliente.         Il piccolo giardino segreto ha assistito a tante cose durante la sua esistenza: lì dentro ha visto piccoli picnic d’amore, festeggiamenti

L'Esecutore

“ …D ietro la solita curva, c'era il suo paese, o meglio c'era stato fino al giorno prima, ma se avrete pazienza, vi spiegherò come sono andati i fatti ”.  «Ti prego, non ce la faccio più. Aiutami a morire.» E Francesco aveva esaudito il desiderio della moglie dopo averla stordita con una massiccia dose di tranquillanti. Erano stati cinque lunghi anni di sofferenza e le cure necessarie, per arginare il tumore che  la stava devastando, avevano prodotto delle alterazioni gravi nel fisico ormai debilitato della donna. Le urla lancinanti di Viola, affondavano nell'anima dell'uomo come fredde lame chirurgiche.  L'ennesima crisi che aveva sconvolto lui nel cuore, e lei nel corpo, aveva accelerato la decisione di liberare la moglie dalla inumana sofferenza alla quale era sottoposta.  Il grande amore, che nutriva per lei, lo aveva portato ad estremizzare la sua decisione. Messo da parte ogni problema di ordine morale aveva agito e per la legge era diventato un

Il mare

A un Pesci il mare lo chiama, segretamente, magicamente, lo magnetizza e lo attira e lui si trova lì davanti a guardarlo ancora una volta, per l’ennesima volta stupito di essere di nuovo là, ancora là.  E’ come quando la mamma ti chiamava ai giardini. Non c’era tempo per chiederti perché lasciavi sempre i giochi con gli amici per andare là davanti a lei, lo facevi spontaneamente perché lei è sopra tutto, anche il più piacevole dei giochi, se lei chiama ogni tua più piccola cellula risponde, e così il mare per me.   Il mare per me è quel posto al mondo dove non ti spieghi mai come hai fatto ad arrivarci quando ti scopri lì davanti a lui.   E sono di nuovo lì davanti a lui, lui signore e padrone del tuo volere, pifferaio magico della tua energia, tu di nuovo lì davanti ipnotizzato a guardarlo e a rimettersi alla sua volontà. Mentre lo guardi il mare ti toglie tutte le energie, ti fa pensare, torni indietro nel tempo, vai avanti nel futuro e pensi, pensi, tu spossato ma lui mai, come

Il cielo

Tutte le volte che succede qualcosa, tutte le volte che sono assorto e pieno di pensieri, tutte le volte che sono chiuso in un mondo mio eccolo: appare il cielo. Il cielo è lì e mi richiama all'ordine, appare bellissimo nelle sue luci e colori e mi cattura, mi stupisce e, bellissimo, mi dice il cielo è qui, liberati dalle costrizioni e dagli obblighi, liberati da una dimensione che non è la tua e concediti a me. E' il bello che ti appartiene, sono le sensazioni che ti provoco quelle che ti appartengono, il resto non conta. Il cielo mi ha sempre stupito, catturato. Ricordo il cielo ammaliante della mia Siracusa, i colori che assumeva e cambiava continuamente, l'infinito che conteneva, il senso di libertà senza fine che ti dava. Il cielo è stato quella terra, la mia terra. Ricordo il cielo all'ora del tramonto in cui ho inciampato un’estate sul belvedere sopra il mare del Porto Grande. La bellezza di quel momento, voler rimanere in quel momento perché era spirituale

Storie

    A volte, camminando lungo le strade osservo i fatti che avvolgono ogni singolo essere, fatti che ai più sfuggono per troppa fretta o perché non si ha voglia di accarezzare con lo sguardo i propri simili.     A volte, passeggiando lungo la riva del mare osservo le onde incresparsi, piegate dal vento e i gabbiani che sfiorano appena l’acqua e poi tornano in volo e quelli che se ne stanno tranquilli sugli scogli a osservare me che li guardo.     A volte i miei occhi vagano oltre l’orizzonte per riuscire a scoprire un mondo senza tempo. A te che leggi queste mie parole, io dico ciò che faccio quando non ho nulla da fare e lavoro di fantasia.     Se mi sento contento per un niente, o un niente mi ha distrutto la giornata, allora le mie dita scorrono veloci su un pezzo di carta alla guida di una penna e poi sulla tastiera di un computer per trascrivere qualsiasi sensazione.     Cosi nascono le storie.     Quando il sogno o il fatto accaduto è ancora vivo, fermo l’immagin

Camminando tra le virgole

Cammino! mi muovo, vado, sono stato a vedere, luogo simile a tanti altri, luogo di sofferenza e di riflessione, luogo che per un periodo più o meno breve ci porta a riflettere, a contare, a contare le cose più stupide ed insignificanti, per ingannare il tempo, quante mattonelle ci sono nel corridoio di un ospedale, quante mattonelle ci sono nei rivestimenti delle pareti del bagno della camera del malato?, quante griglie di illuminazione ci guardano dal soffitto, quante volte sono state aperte e chiuse le porte delle camere di degenza, quanti sono gli interrogativi che si pongono madri, padri, figli, fratelli, in attesa, del responso, quanti pensieri hanno affollato le sale di attesa, quanti respiri affannosi, ed io ho camminato, e mia moglie ha camminato, e mio figlio ha camminato, abbiamo raggiunto la meta, siamo stati aiutati, dalla forza, dalla speranza, dalla conoscenza di chi doveva agire operando, e i fratelli sono stati presenti con il corpo e con la mente, e gli amici eran

Halloween e infinitesimi

Halloween? non per noi italiani e per noi siciliani o gente del sud.  Questo è il tempo del ricordo di chi non è più con noi... La vita accompagna la morte e viceversa, pensiamoci, non siamo eterni e nemmeno indispensabili nel contesto umano. Siamo solo un granello infinitesimale.

I Calafatari

Sono qui, davanti al mio computer, mentre scrivo un nuovo racconto. Tutto intorno è silenzio, silenzio e quiete. Angoli di polvere e di buio mi circondano, non un sospiro nella stanza, tutto nella mia mente, un rumore sordo si avverte solo quando sbatto il pugno forte sul piccolo scrittoio, che richiama nell’assoluta semplicità un arredamento quasi francescano, da uomo di preghiera. Il mio gesto di stizza ha provocato il crollo di una pila di libri e fogli di carta, pieni di numeri e frecce che formano una specie di diagramma di flusso. Sono a corto di parole. Inizio sempre così i miei tentativi di scrittura, il protagonista dei miei racconti finisce irrimediabilmente a fare un viaggio nella mia mente, poi trova la porta della memoria e la domanda è: “si entra o si è appena usciti ?” In un testo normale questa piccola amnesia sarebbe risolta dal solo retrocedere di una pagina, sbirciando le ultime righe, ma non nel mio racconto siciliano. Sono frastornato, certi giorn

Il sogno, la luna, le stelle

Succede che ad un certo punto ti ritrovi solo con il tuo sogno , hai perso tutto quello che avevi e non ti resta che questo, il sognare, che custodisci come in una cassaforte dentro di te. Poi, a poco a poco, ti accorgi che il sogno è anche sofferenza ed impari ad accettarlo perché fa parte di te. Succede che non trovi più il tuo sogno e non sai nemmeno dove sia finito, se esiste ancora o se è morto, schiacciato da un peso impossibile da sopportare. Succede che certe volte accadono cose, che ti fanno pensare di vivere in un altro mondo. Un mondo onirico, irrazionale, diverso. Come se la realtà fosse sparita. Come se tutto il resto non avesse senso. E a quel punto ti chiedi perché mai sei lì. Ti chiedi come possa accadere una cosa simile a uno che ha sempre vissuto normalmente. Che per tutta la vita è rimasto nella piatta normalità. Che ha sempre cercato di fare la cosa giusta, senza mai azzardare nulla. E ti domandi se non ci sia forse un errore. Se quella geniale struttu

Era mio nonno

Ho sempre visto la foto di nonno Giuseppe Ferro dal basso, a casa di nonna mi guardava dal quadretto appeso al muro ed io vedevo la croce di guerra di metallo scuro e mi faceva paura.  Guardavo la nonna sempre vestita di nero incornicata dai suoi capelli bianchi testimoni di tanti dolori.  Non capivo ma mi chiedevo…poi aspettavo il giorno dei morti, il giorno che per noi bambini siciliani è particolare perché la mattina trovavamo i regali lasciateci dai nostri morti.  Ed io pensavo al nonno che non avevo mai conosciuto.  Quando andavamo al cimitero guardavo la lapide posta in alto ed io dal basso ero incuriosito da quel volto stampato nell’ovale di ceramica…ed i capelli di nonna diventavano sempre più bianchi.  Mi sono sempre chiesto com’è un nonno che non conosci, adesso lo so, è un uomo semplice che ha donato la vita per la sua patria salvando i suoi uomini mentre la morte lo aspettava al varco.  Gli eroi sono i semplici, non le persone complicate, gli eroi ragi

A mio padre

 Maggio è il mese della Madonna, il mese del nuovo incontro di papà e mamma dopo una vita terrena passata insieme ed io voglio ricordare papà come il vitigno siciliano per eccellenza, il nero d’avola, detto “ U patri” in quanto origine di tutti i vini e quindi di figli buoni ed affettuosi. Il più grande drammaturgo non avrebbe potuto immaginare la situazione che vivo e che ho vissuto impotente dopo avere saputo che mentre ero in sala operatoria mio padre era vicino a me e guidava gli strumenti del chirurgo sul mio cuore, cosi come mamma era vicina a Matteo nel suo momento critico sei anni fa, a maggio. Mamma ha protetto il nipote e papà ha protetto il figlio, due vite per due vite, nel mese di maggio. Non posso essere presente fisicamente perché non riuscirei a sostenere l’emozione e i miei fratelli lo sanno, in special modo Pippo che con grande amore filiale ha accompagnato tutte le vicissitudini di papà e Lucia che lo ha affiancato. Ho osservato mio padre nel suo letto di

Il sole lontano

In questo momento mio padre combatte per vincere la sua ultima battaglia... Lo osservo mentre si siede stancamente e con difficoltà sulla poltroncina nel giardino e il mio sguardo scivola lentamente dai capelli ai lineamenti del suo volto, e poi agli occhi, immutabili e veritieri specchi dell’anima.  Non è importante l’aspetto o l’incedere insicuro, mi trovo innanzi ad un essere cui è dovuto un tale riguardo da spingere subito al galoppo i miei pensieri.  In lui mi sembra traspaia prepotente, pur tristemente nascosta nel suo incerto forzato sorriso mentre mi guarda, una velata malinconia, quasi un’ignara esternazione del meditare sulla fatale precarietà della vita.  Poi si appisola.  Guardandolo mi va di immaginare, questa persona dai capelli grigi e dal viso discreto segnato dalla fatica, come doveva essere nel pieno della sua giovinezza. Mi chiedo se si sorprenda spesso a riflettere sulla fragilità del suo corpo, lo smarrimento sempre più frequente della sua

Era mio zio

Attraversammo la Svizzera insieme tantissimi anni or sono, in macchina, lui guidava ed io parlavo parlavo e narravo di cose che lui non conosceva ma che voleva capire e mi interrogava «a che velocità viaggiano nello spazio i satelliti artificiali Concetto» ed io rispondevo «ad oltre quindicimila chilometri al secondo zio» e lui mi guardava per un attimo distogliendo lo sguardo dalla guida “possibile?” ed io spiegavo in modo semplice come funzionavano i satelliti ed i propulsori che li mettevano in orbita e come viaggiavano per opera delle diverse gravitazioni dei pianeti nello spazio. «Tu hai la fortuna di avere studiato e sai tante cose mio caro nipote, io no purtroppo ed ho fame di sapere, quindi durante questo viaggio ti chiederò tutto su ogni cosa e tu mi dirai quello che sai» ed io al suo fianco, contento, «si zio, tu sei il professore che chiede ed io lo studente che deve fare l’esame» e ridevamo… e lui fumava… tanto, troppo. Fu un viaggio bellissimo perché ebbi l’occ

L'ultimo blues

Fu il suono dell’ armonica che accompagnò il salto nel vuoto. L’interminabile tuffo lo portò nel fondo del suo mare e della sua vita giunta al termine. Il blues è nero ma il suo colore è rosso. Nel caldo dell’agosto di una terra non sua se ne stava accartocciato come una lattina di  birra vuota sulla brandina sudicia ad ascoltare rapito, nell’anima e nel corpo, le taglienti frustate della chitarra di Muddy Waters. La piccola baracca dove viveva, insieme ad altri amici di colore, pullulava di mosche e di blues che un vecchio mangianastri cercava di digerire per l’ennesima volta. Mistiche onde sonore lo trasportavano in una dimensione irreale, dove  tutto era musica vivida e calda, colorata  di rosso come il sangue che sgorga da un taglio netto. Ed era disperato. Accerchiato da un esercito inesorabile di centinaia di accordi, era sospinto irrimediabilmente verso un baratro mortale a cui non poteva resistere. E la perfida musica, lo prendeva al cuore facendolo pensare. S

Naufragio

S eduto sul bordo del cratere, al sicuro dentro la tuta spaziale, Limerick osservava sconsolato l'ormai inutile astronave. Naufrago, a causa di una tempesta magnetica che aveva messo fuori uso l'astronave, a mala pena era riuscito a governare fino al provvidenziale approdo su quello sconosciuto asteroide. Si mise subito a lavoro cominciando a redigere una mappa, con disegni molto dettagliati, che avrebbe inviato in una bottiglia di salvataggio ( in gergo, contenitore per l'invio di messaggi ) con un lancio nello spazio. Le coordinate registrate l'avrebbero condotta alla base madre. Ebbe un sobbalzo quando uno strano essere peloso, avvicinandosi incuriosito, guardò con il suo unico occhio lo strumento borbottando in una lingua sconosciuta verso Limerick che, pensando al suo cane, per levarselo di torno lanciò lontano una lattina vuota. L'essere, con uno scatto felino, balzò all' inseguimento dell'oggetto e ritornò poco dopo riponendolo ai piedi de

L'ultimo volo

Q uella che sto per confidarvi, ora che sono vecchio, è la storia segreta, triste e dolcissima, di un' aquila che si innamorò di una cometa. Conosco i fatti perché ebbi in quel tempo il privilegio di assistervi con gli occhi stupiti di bambino. Da piccolo, amavo osservare il volo dei rapaci che nidificavano sulle pareti rocciose delle montagne sovrastanti il borgo dove vivevo, nel Parco Nazionale D'Abruzzo. Nella immensità del cielo seguivo affascinato le evoluzioni dell'aquilotto mio preferito che avevo chiamato Nuvola. Era un uccello molto strano che se ne stava appollaiato, a contemplare l'incomparabile bellezza delle valli e dei fiumi che da quella quota, si mostravano quieti. Conoscevo bene il suo sguardo, introverso ed inquietante, quasi umano. Fu una mattina di aprile che gli osservatori del Parco, tutti miei amici, notarono la sua assenza nel posto prediletto, sul costone esposto ai venti; sotto l'ultimo  raggio di  sole, in fondo a destra guardando

Separè

Disteso di fianco sul letto nella penombra della camera ospedaliera guardo la parete sporcata da mille malattie. C’è una macchiolina, sembra un teschio, non riesco a sopportare la sua vista, sposto il comodino e lo copro al mio sguardo. Chiudo gli occhi per non vedere le pareti e il soffitto mal verniciato, si formano in continuazione orde di personaggi strani che mi inseguono ed io non voglio stare insieme a loro. Chiudo gli occhi e mi sembra di viaggiare ad alta velocità dentro un condotto poco più grande del mio corpo. Bam!!! Un rumore assordante mi riporta alla realtà, c’è vento, un forte vento che soffia dentro il corridoio, forse per portare via il dolore che ristagna in questi ambienti. No! un separè che era stato posto al fianco di un malato alloggiato nel corridoio per il troppo sovraffollamento è caduto per terra, nel corridoio, un separè per un poco di privacy. Vi siete mai chiesti quando vicende umane hanno visto i separè posti per difendere i malati allo sguard

Una guerra diversa

Scrutando l'orizzonte, dal ponte della nave che faceva rotta verso la ex Jugoslavia, nel freddo mare di Novembre, osservava come ipnotizzato il ripetersi mai uguale delle onde. Il viaggio si sarebbe concluso a Sebenico, ove gli sarebbe stata assegnata la sua destinazione operativa. Un turbine di pensieri lo riportò brutalmente indietro negli anni. Aveva fatto lo stesso viaggio con la sua famiglia, ed era stata una bella vacanza perchè girando in lungo ed in largo avevano scoperto un posto incantevole chiamato Trogir, un piccolo villaggio, che sorgeva su una isoletta, collegata da un antico  ponte  di  pietra  alla  terraferma. Ricordava anche, con nostalgia ed amarezza, la selvaggia bellezza del Parco Nazionale di Rijeca e la gioia stupefatta dei figli mentre guardavano le sette cascate scaricarsi alla fine della loro corsa nel fiume che lentamente si snodava verso il mare. Fu bruscamente richiamato alla realtà dal grido di un gabbiano che lo sfiorò mentre si tuffava  nel