Scrutando l'orizzonte, dal ponte della nave che faceva rotta verso la ex Jugoslavia, nel freddo mare di Novembre, osservava come ipnotizzato il ripetersi mai uguale delle onde.
Il viaggio si sarebbe concluso a Sebenico, ove gli sarebbe stata assegnata la sua destinazione operativa. Un turbine di pensieri lo riportò brutalmente indietro negli anni. Aveva fatto lo stesso viaggio con la sua famiglia, ed era stata una bella vacanza perchè girando in lungo ed in largo avevano scoperto un posto incantevole chiamato Trogir, un piccolo villaggio, che sorgeva su una isoletta, collegata da un antico ponte di pietra alla terraferma. Ricordava anche, con nostalgia ed amarezza, la selvaggia bellezza del Parco Nazionale di Rijeca e la gioia stupefatta dei figli mentre guardavano le sette cascate scaricarsi alla fine della loro corsa nel fiume che lentamente si snodava verso il mare.
Fu bruscamente richiamato alla realtà dal grido di un gabbiano che lo sfiorò mentre si tuffava nell'acqua. Ora non aveva più nulla, incattivito nel suo isolamento odiava il mondo intero, le vicende della vita ed alcune scelte sbagliate gli avevano fatto perdere l'amore della moglie e l'affetto dei figli.
Era rimasto dolorosamente solo.
Accettando di fare il mercenario era certo che sarebbe stato destinato in una grande città, forse Gorazde, ma non gli importava quale, avrebbe fatto il cecchino e per lui sparare in un piccolo centro o in una grande città era indifferente. Coscientemente avrebbe eseguito il lavoro più vigliacco ed orrendo che si potesse compiere, uccidere lucidamente e senza scrupoli un proprio simile con un colpo di fucile sparato da centinaia di metri di distanza nell'oscurità ambigua di un nascondiglio.
Le pallottole sarebbero state i regali che avrebbe distribuito indifferentemente a bambini che giocavano o a vecchi che facevano la fila per un pezzo di pane.
Il rimorso non era per lui e la sua anima, immersa in un gelido inverno senza fine, difficilmente avrebbe goduto del calore del pentimento. Il cupo suono di una sirena portuale, lo avvisò che era arrivato alla meta e la nave si accingeva ad attraccare. Lungo i moli era tutto un convulso andirivieni di uomini e mezzi militari che venivano smistati per portare il loro carichi mortali, verso luoghi sconosciuti.
Scese dal traghetto stringendo nervosamente il manico della valigia che conteneva il suo fucile di precisione, arma perfetta, che avrebbe seminato morte ad ogni suo comando senza emozione alcuna. Al centro di smistamento lo informarono che la sua destinazione gli sarebbe stata comunicata la sera del giorno seguente quindi poteva, fino a quel momento, recarsi ovunque volesse.
Andò in camerata e dopo essersi fatto un bagno ristoratore si stese sulla branda, voleva dormire ma non riuscì a chiudere occhio e verso le tre del mattino decise di andare a Trogir.
Si incamminò avvolto dalla nebbia e dai suoi pensieri che, come dune di sabbia spostate dal vento, mutavano in continuazione. Voleva vedere, per l'ultima volta prima di partire, la chiesa di San Michele degli Angeli alla cui origine c'era una leggenda che aveva affascinato molto Cristina, sua moglie, la quale documentandosi durante il loro soggiorno sul posto, aveva cercato di interessarlo narrandogli il fatto.
Lui non aveva voluto saperne niente, pensava che fossero storie inventate dai frati per fare leva sulla credulità della gente del luogo.
Ritrovò quasi subito la chiesa, nell'incerta luce del mattino, la bella facciata romanica e le mura dell'annesso monastero erano semidistrutte. Le colonne del portico rovinate per terra gli ricordavano le macerie della sua vita. Cominciò a rovistare lentamente tra detriti e mattoni che una volta avevano composto la navata destra, ricordava che in una custodia di ferro e cristallo, murata sotto l'altare, era conservata la pergamena della leggenda e chissà, forse poteva essersi salvata dai bombardamenti e dalle ruberie.
Man mano che proseguiva nella ricerca, vivide immagini del suo passato cominciarono a tormentarlo ed ogni mattone o frammento che toglieva sembrava risvegliare un momento sopito della sua trascorsa esistenza.
Il primo incontro con Cristina, il bacio che aveva suggellato la promessa d'amore che si sarebbe realizzata con il matrimonio dopo un anno.
Il pianto disperato del loro primo figlio mentre veniva al mondo, la desolazione degli anni trascorsi lontano dall'amore della sua famiglia a causa di scelte sbagliate e di decisioni avventate dettate dal suo carattere impulsivo.
L'alcool e la droga, a cui era approdato con la complicità di amicizie ambigue e perverse, furono l'estrema causa che provocarono la decisione dell'abbandono da parte della moglie dopo l'ennesimo litigio. Michele spostava i mattoni collocandoli inconsciamente in ordine attorno a lui come se volesse con quel gesto ricostruire la sua vita e le sue dita sanguinavano mentre scavava tra rovine.
Come il sole affiora dal mare all'alba, la teca emerse da un mucchio di calcinacci che in altri tempi avevano raffigurato un ciclo di affreschi riguardanti degli angeli con delle strane ali avvizzite simili a foglie in Autunno.
L'uomo aprì la custodia e fissò, con grande turbamento, la pergamena arrotolata.
La svolse lentamente e attingendo a tutte le sue reminiscenze scolastiche di lingua latina, cominciò a tradurre con grande difficoltà la lunga scritta ancora leggibile che narrava eventi di tanto, tanto tempo fa.
Era la leggenda, che cominciò a scorrere con gli occhi.
“Ogni cento anni, nel mese di Novembre alla settima ora del ventiduesimo giorno, un sottile raggio di luce proveniente da est attraverserà il trasparente diaframma vitreo del rosone posto al centro della facciata di questa chiesa. A causa di misteriose rifrazioni, aumentando di intensità luminosa, il raggio colpirà in pieno il viso dolcissimo di una statua fermata dallo scultore nell'atto di raccogliere l'ala spezzata di un angelo.
E' in quel breve attimo, che si compirà l'evento più misterioso ed inspiegabile che si possa immaginare: Avrà inizio l'autunno degli angeli.
Le ali di tutti gli angeli che vigilano in ogni dove, del cielo e della terra, appassendo come le foglie degli alberi, perderanno il loro meraviglioso colore che nessun pittore mai riuscirà ad imitare ed inizieranno ad ingiallire.
Lentamente, staccandosi, cominceranno a cadere verso la terra invisibili ad occhi umani.
La neve delle montagne sarà la prima ad essere colpita da questa miracolosa pioggia e le ali, affondando nella soffice coltre, si cristallizzeranno creando nuove cime che indurranno, con la loro bellezza, alla meditazione ed al riposo dello spirito affannato dalle vicende quotidiane. Seguitando a cadere, le altre ali, si poseranno delicatamente sulle spalle degli uomini spiegandosi in tutto il loro splendore. I nuovi inconsapevoli angeli, prodigandosi sulla terra, si occuperanno dei più deboli e con sporadiche apparizioni, conforteranno coloro che giacciono negli ospedali, nelle prigioni, nei campi di concentramento. Visiteranno quindi tutti i luoghi ove si soffra, si gioisca, o si stia sul punto di morire. Coloro i quali saranno aspersi da questa benefica pioggia, sono destinati a divenire angeli che veglieranno sul genere umano. L'Autunno degli Angeli porterà la pace nel cuore degli uomini.”
L'uomo rimase interdetto dopo la lettura e solo lo scintillio dell'acciaio del suo fucile, colpito da un raggio di sole, lo riportò alla realtà. Erano le sette di Domenica del ventidue di Novembre e non era avvenuto nulla di tutto ciò che descriveva la leggenda.
«Tutte fandonie», concluse Piero.
Si alzò e stancamente ripose la pergamena nell'astuccio sotterrandola sotto l'altare che l'aveva custodita gelosamente per secoli.
Quando la guerra fosse finita, pensò, qualcuno l'avrebbe ritrovata e riposta in un luogo più consono e degno della sua importanza. Un fastidioso pizzicore lo colpì a più riprese sulla schiena, non ci fece caso pensando che fosse dovuto alla stanchezza.
D'istinto, mentre si avviava fuori dalla chiesa, raccolse da terra un piccolo crocifisso e lo mise in tasca respirando a pieni polmoni l'aria fresca del mattino.
Si sentiva diverso dentro di se, osservò il sole del nuovo giorno e fu cosciente che da quel momento, avrebbe avuto tanto da fare.
C'erano bambini da salvare, vecchi da consolare uomini da aiutare e donne da confortare in quell'inferno creato dalla guerra in corso. I regali che avrebbe distribuito sarebbero stati pace e serenità nell'animo degli uomini, delle donne e dei bambini, di quella Nazione martoriata dalla guerra.
Il fucile di precisione, strumento di morte abbandonato in un angolo della chiesa, arrugginiva a vista d'occhio dissolvendosi nella realtà cosi come si era dissolto nella memoria di Piero, non avrebbe più ucciso.
Stava iniziando una nuova vita, adesso lui era un angelo.
Copyright Concetto Scandurra © 2012
Traduzione: Violeta Scandura (Ushuaia-Argentina)
Al fascino dei tuoi racconti,si aggiunge sempre un messaggio di positività.E Dio solo sa come di questo si abbia bisogno.Mirka
RispondiEliminaGrazie delle belle parole...
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