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Visualizzazione dei post da 2015

Il pettirosso

“La nebbia è come la vita, non sai mai cosa ti aspetta al di la di un certo punto. Ciao Matteo” «I pettirossi non smettono mai di cantare, anche quando fuori c’è il gelo, anche quando qualche animale gli distrugge il nido e perdono i piccoli. Il loro canto non si ferma mai, mai davanti alle difficoltà, mai davanti a nulla, mai davanti alla prova più dura della vita che, fortunatamente, procede con il suo corso anche quando ci sembra che tutto sia finito. E allora, quando ti sembra che non ci sia una soluzione per nulla, quando ti senti davvero a terra, affacciati alla finestra e spegni i rumori di sottofondo, vedrai che ovunque sei, li sentirai i pettirossi.»  Matteo era un pettirosso, un uccellino che si è fermato per sempre a Verdello, un piccolo paesino del bergamasco nebbioso ed ha lasciato una scia di sole che permane nel cielo come una ferita luminosa. Si dice che i pettirossi debbano il loro nome al fatto che uno di loro tolse con il beccuccio una spina dalla corona

TORRE 5

E domani saremo anche noi nella “Torre 5”, il luogo del silenzio, dove è prigioniero ed immobile Matteo, mentre i guardiani brulicano intorno a lui collegando fili e computer con sacchetti di linfa vitale che danno nutrimento al dormiente. La “Torre 5” ha lunghi corridoi asettici e silenziosi, si può camminare per duecento metri di dolore mentre risuonano lungo le pareti i lamenti dei cari in attesa delle notizie che arrivano solitarie e lente come una goccia d’acqua ormai prigioniera della sete.  Nella “Torre 5” vi è una sala gigantesca con giacigli tecnologici che tengono in vita esseri umani perduti nel dedalo di una foresta incantata che cercano disperatamente di trovare la via del ritorno alla vita. Lanciano segnali lacrimosi a volte o sussulti repentini che inducono all’illusione di un risveglio a lungo atteso. Ma poi è silenzio. Mentre noi aspettiamo sulla “Torre 5” scrutando l’orizzonte bugiardo. Penso... Alla Torre 5, la torre del silenzio, con i suoi lunghi

Il silenzio delle stelle

Sono spente le stelle stasera, non vogliono guardare, per loro è pesante assistere al costante affievolirsi dei sensi di un ragazzo di vent’anni che aveva chiesto alla vita di attraversare il tempo della sua esistenza nel modo migliore per portare gioia e allegria a tutti coloro che lo incontravano. Le stelle vigliacche stasera  girano il loro fulgore dall’altra parte, per non vedere il pianto di occhi stanchi e asciugati dal sonno impervio e tumultuoso senza sogni. Cadono le stelle vergognose, preferiscono attraversare l’atmosfera per bruciare come brucia la fronte del ragazzo dormiente e senza futuro, loro non sopportano l’ingiusto spettacolo di una vita che lentamente sta attraversando il perfido confine di un indesiderato mondo parallelo e oscuro. Vi siete mai chieste, stelle bellissime, cosa provoca nell’universo il dolore di una madre, di un padre mentre guardano impotenti il loro figlio spento? Vi siete mai chieste, stelle pulsanti, come sarete voi quando la vostra ener

Le voci lontane

I tuoi occhi nell’infinito, fissi, lì, il tuo sguardo immobile.  Trepida la vana attesa e grida agli dei impietosi con la speranza del levarsi del sole, del ritorno alla luce. Corri nel buio di una eclissi, disperso nel brusio di voci lontane che chiamano il tuo nome, mentre cerchi la via giusta del ritorno. Nel tuo silenzio c’è un frastuono che si annoda forte in gola.  Presto sarà Natale, un Natale diverso da vivere e mi domando dove sei, in quale dimensione ignota ti trovi.  C’è smania nella tua immobilità, nei tuoi movimenti impercettibili controllati da gelidi computer che girano in tondo alla rinfusa cercando informazioni da coordinare.  Nell’angolo della stanza tecnologica c’è un albero spoglio, addobbato con un significato da capire, un senso da dare, un cuore da amare, una magia da creare, un Credo da recitare.  Brucia veloce il tempo del Natale in questa notte, si regalano istantanee da incorniciare ai ricordi, attimi custoditi nei meandri della memoria, impressi sul

Miracolo di Natale

Questo è il periodo di uscita dei film natalizi, specialmente di produzione americana, dove anche le tragedie più tristi alla fine si risolvono con un “Miracolo di Natale”. Film surreali che toccano i punti deboli emozionali degli spettatori che con una lacrimuccia ed un sospiro tornano contenti a casa. E poi ci sono i “non miracoli di Natale”, dove le tragedie più pesanti non si risolvono e cupa scende una coltre di cielo senza stelle e penso a mio nipote Matteo immerso in un sonno senza tempo e senza limiti di spazio che vaga sperso nel nulla di un ansimo metallico del meccanismo che lo tiene in vita. La vita reale è un regista senz’anima, non ammette scene da ripetere, “buona la prima” e cosi come ti trovi stai, senza miracoli, attorniato dalla sofferenza dei cari che non si danno pace.  Attorno a te si svolgono danze interiori di religiosità quasi pagana, si chiamano a raccolta gli avi affinché ti aiutino nel risveglio ma sono sordi al richiamo di genitori disperati.

Voglio tornare a casa

Mi chiamo Lucia, sono nata a Siracusa fra il 280 e il 290 d.C. e vi scrivo da una città chiamata Venezia, una città che non è la mia, lontana dalla mia terra e mi sento sola. La mia famiglia era nobile, molto ricca è tra le più importanti della città di Siracusa, mia madre si chiamava Eutichia ma di mio padre non so dirvi nulla. La mia casa era nel quartiere che adesso porta il mio nome e li si trova anche la colonna del mio martirio. Ero felice a Siracusa e da piccola giocavo con tutte le mie amiche come tutti i bambini del mondo ignara di quello che mi sarebbe accaduto da grande, essere martirizzata e portata via dalla mia terra.  Sono stata felice da bambina e non mi mancava nulla sotto il punto di vista economico ma soprattutto avevo un dono prezioso nel mio piccolo cuore, la fede in Cristo. Poi sono cominciati i problemi a causa delle persecuzioni e io e mamma abbiamo dovuto professare di nascosto la religione cristiana mentre venivo promessa in sposa ad un giovane contro i

Nel labirinto

Cammini, cammini insicuro in una foresta che non conosci, vaga, la esplori, i tuoi sensori si avventurano lungo un sentiero impervio e delicato alla ricerca della via di uscita, alla ricerca della porta illuminata che indica il confine da attraversare per tornare a casa. Barriere impediscono il transito che porta al frastuono vivace del mondo reale. Ecco che un muro imponente viene intercettato, guardiani protervi impediscono il passaggio ed esigono un tributo di ossigeno e sangue altrimenti sbarrano tutto. C’è il silenzio assoluto che accompagna l’esplorazione mentre in lontananza ordini perentori organizzano l’attacco contro il nemico, luce soffusa e suoni di meccanismi alieni che guidano le macchine elettroniche che TI imprigionano per salvare la TUA vita. Strani ticchettii e suoni sconosciuti TI fanno compagnia mentre nudo e disteso, come un Cristo in attesa, senti onde di pressione sul TUO torace, liquidi caldi che attraversano le vene, strumenti infinitesimali che att

Il cuore di Matteo

A mio nipote Matteo C’è un cuore in questi momenti che sta vivendo un'esistenza sospesa, attaccata a freddi e lucidi macchinari che producono vita, una vita irreale, una vita meccanica. Un ragazzo che la vita la affrontava con l’istinto unico della sopravvivenza si trova adesso a combattere una battaglia impari e mi ricorda Leonida alle Termopili che con 300 tenne a bada migliaia di nemici. Matteo adesso, da solo, sta tenendo a bada un nemico che lo ha attaccato durante un intervento in sala operatoria mentre ferri impersonali scavavano ed ispezionavano il suo cuore che a un certo punto, per qualche istante si è fermato. Adesso lui, eroe solitario, sta combattendo da solo la battaglia per la vita con a suo fianco due guerrieri fidati, la madre e il padre, altri guerrieri lo sostengono a distanza da ogni luogo con affetto, preghiere e pensieri. Fisicamente lontano, in un luogo estraneo al caldo clima palermitano, Matteo trasformerà le nebbie del nord in caldo sole sicilian

Namastè

Namastè per me è quel posto al mondo dove non ti spieghi mai come hai fatto ad arrivarci quando ti scopri lì davanti a lui. Piccolo e nascosto agli occhi dei tanti ti chiama, segretamente, magicamente, ti magnetizza e ti attira e tu ti trovi davanti al suo ingresso e lo guardi, per l’ennesima volta stupito di essere di nuovo là, ancora là. E’ come quando la mamma ti chiamava al parco quando eri piccolo. Non c’era tempo per chiederti perché lasciavi sempre i giochi con gli amici per andare là davanti a lei, la mamma, lo facevi spontaneamente perché lei era sopra tutto, anche il più piacevole dei giochi, se lei chiamava ogni tua più piccola cellula rispondeva, e così il Namastè per me. Quando mi chiama in modo subliminale io vado. E sono di nuovo quì davanti a lui, lui signore e padrone del mio volere, pifferaio magico della mia energia, io di nuovo ipnotizzato a guardarlo e a rimettermi alla sua volontà, la volontà del Namastè, del ritrovo dell’amicizia, del posto delle fragole, de

Sfidare la sorte

Inerme ed impaurita, con le braccia alzate in  segno di resa, Valeria  aspettava la fine della sua giovane vita e non era come aveva immaginato.  Per la prima volta, dopo anni, recitava mentalmente una preghiera raccomandandosi al Signore.  Quante volte, mentre ballava in discoteca, in preda agli eccitanti che prendeva per avere una “Estasi” che non era certo mistica, aveva fantasticato sul suo futuro e si era convinta che le sarebbe piaciuto fare nuove esperienze in America Latina insieme alla sua amica Stefania, alla ricerca di nuovi mondi impossibili.  Quella maledetta estate partirono per il viaggio sognato in una terra per loro del tutto sconosciuta. Adesso tremava di  freddo malgrado il caldo soffocante e la paura regnava sovrana sulla strada che collegava  Santa Fè di Bogotà a Parate Bueno, il villaggio verso cui erano dirette.  Nei giorni precedenti il funzionario dell'ambasciata, mentre vistava i passaporti, aveva cercato di dissuaderle dall'intraprendere quel v