Angoli di polvere e di buio, tutto intorno è silenzio, silenzio e quiete, ragnatele e segni del tempo che immutabile trascorre quieto dentro la cantina. Una scala, polverosa, osserva dall’alto dei suo gradini l’infinita impotenza del piccolo omino di fronte alle grandi botti costruite dal padre più di cento anni fa. Non un rumore nella cripta che protegge un liquido pregiato e non preziose reliquie. Apro il rubinetto di una botte che maestosamente mostra la sua storia, sorseggio il vino denso, tenebroso come piace a me, come il sangue che scaturisce dal collo della vittima sacrificale immolata agli dei. E la password è il vino, che ci permette nel chiarore della sua trasparenza paglierina di portarci verso mondi colorati di rosso o nero come tenebra. Non voglio morire e rivado indietro nel tempo attraversando la soglia di una porta che mi conduce in un “posto delle fragole” regno incontrastato della mia adolescenza, un piccolo vigneto, dove si coltivava una vite che produceva
e le storie che incontra