E’
notte, cerco di mettere un po’ di ordine
tra i fogli sparsi sulla mia scrivania, ne prendo uno con su scritto: “L'albero che modellava i sogni”, con attaccati altri fogli, tutti manoscritti di getto, li
guardò senza leggerli, come ad immergermi nel nero delle parole, mi sento
risucchiato dai ricordi, e cerco l’unica via di scampo: il sonno.
Non so cosa sognerò questa
notte, ma sono sicuro che il mio sonno sarà agitato, mi girerò e mi rigirerò
nel letto, cercando una posizione comoda, rilassata, ma qualsiasi angolo del letto
sono sicuro che mi porterà ansia mi spingerà a cambiare.
Che scrittore scarso che
sono, il suo protagonista sogna ed è agitato, e lui non riesce neanche a
percepire cosa sta succedendo nella sua mente. Alle volte è difficile capire i
propri personaggi mentre si creano, loro ti cominciano a dominare e quasi come
delle persone estranee non c’è dialogo. Non so perché ma non voglio sentire
cosa sto sognando, forse perché troppe volte non ho dormito dopo la perdita di
una persona cara, e il ricordo di quella sensazione ancora mi gela il cuore.
Che fare? spesso mi viene
di prendere un foglio e una penna e buttare giù caoticamente e senza forma
tante parole apparentemente sconnesse, poi fermo un’immagine nella mente e
comincio a scrivere velocemente come un ladro che fugge dopo la rapina.
Ma
cos’è veramente scrivere?
Per esempio… “Scorreva serena, come un fiume in
pianura, la mia giovane vita. La strada dove ero nato rappresentava per me e
per i miei amici l'universo intero e noi, imprevedibili come uno stormo di
uccelli in volo…”
.
…e
poi il buio
…e
poi la realtà
.
Stamattina sono andato a piedi a
lavoro ed ho avuto modo di vedere qualcosa che mi ha sconvolto, ho visto una
Fiat 126 completamente esplosa dall’interno con i vetri sparsi in mille pezzi
tutti attorno ed il parabrezza proiettato di diversi metri in avanti.
Sono rimasto stupito perché
il tetto era completamente piegato all’interno fino a toccare il pavimento
dell’auto. Poi ho visto un fiore posato sopra ciò che rimaneva del tetto.
Poi ho capito, quando ho
visto dei guanti di gomma da infermiere per terra ed un nastro della polizia
che delimitava l’auto. Un uomo aveva deciso di dire basta ed era precipitato
sull’auto dal sesto piano del fabbricato dove abitava.
Con il suo corpo aveva trasformato
l’auto in una momentanea scultura a memoria di se. Una memoria che noi non
conosceremo ma che sarà di rimpianto o di rimorso per chi un giorno gli aveva
voluto bene. Il motivo predominante di questo gesto estremo è stato il problema
del lavoro… 52 anni… il lavoro dovrebbe essere un diritto ma pensate… si gioca…
si cresce… si vive… si ride… si piange… si hanno dei sogni… si hanno dei figli…
si lavora… si perde il lavoro… il sole… il cielo… le nuvole… e poi il buio.
Mi auguro che il sole
predomini nella vita di tutti anche se è un’utopia.
Scrivere è sofferenza.
È limpida e tagliente
sofferenza.
Qui non si è più ai "gridi",ma ai battiti,in più,registrati nel silenzio della propria interiorità fatta verità di coscienza.Apoteosi o sintesi di un'autentico scrittore o poeta come tu sei e sai.Che il tuo giorno sia lievità.Mirka
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