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Il portamatite


Non vedo l’ora che entri in classe, Lei, la Maestra, seduto sul mio banco di legno sono impaziente e guardo il calamaio di vetro pieno di inchiostro pronto a sporcare le mie dita. Eccola che entra, ci alziamo in piedi e salutiamo tutti: Buongiorno signora maestra, poi tutti seduti, e comincia il rito, per me ipnotico ed affascinante. Dietro la cattedra, che è posta su una pedana, 
Lei ci guarda dall’alto con gli occhiali sulla punta del naso e poi, meticolosamente, silenziosamente, attentamente, compitamente, apre la sua borsa e comincia a tirate fuori tutta la sua attrezzatura per la giornata scolastica ed inizia a disporla lentamente, con gesti canonici e sempre uguali, ed ecco che compaiono come per magia: il portamatite di legno che dispone di fronte a lei, poi tira fuori le matite una ad una e le dispone in file parallele sul piano della cattedra, vicino dispone le due gomme da cancellare ed il temperamatite, prosegue compunta tirando fuori dalla borsa la penna stilografica che posa con grazia alla sua destra, indi dispone alla sua sinistra una piccola bustina piena di caramelline alla liquirizia, prosegue disponendo su un libro di lettura due paia di occhiali e termina aprendo il registro disposto davanti a se e cominciando a sfogliare le pagine. 
Si ferma, ci guarda, prende una caramella, la scarta lentamente, la mette in bocca, prende una matita, la punta sul primo dell’elenco degli alunni ed inizia l’appello: Amato, Bottaro, Blundo…

La ricordo sempre, la Maestra Arabbito, con nostalgia. Era il tempo della scuola elementare a Siracusa.

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