Scorreva serena, come un fiume in pianura, la mia
giovane vita.
E mio nonno era l’albero secolare che, agitando le
fronde, modellava la nostra fantasia. La storia più strana, che mi è rimasta impressa nella
mente, era quella dell'uomo con una borsa grigia che non apriva mai, specie
quando stava in mezzo alla gente. Era geloso del suo contenuto. Dentro c'era tutta
la sua vita passata, presente e futura e l'amava, la sua borsa, come si può
amare la propria donna, di un amore possessivo ed esclusivo, più di ogni altra
cosa al mondo.
La moglie, dopo una lunga malattia, morì senza aver
potuto vedere il contenuto della borsa ed in quella occasione accadde qualcosa
di inimmaginabile e sublime.
La strada dove ero nato rappresentava per me e per i
miei amici l'universo intero e noi, imprevedibili come uno stormo di uccelli in
volo, alternavamo scoppi di risa a stupide liti per banali motivi di gioco.
Passavano cosi le lunghe sere estive siciliane della
nostra infanzia, vicino ai familiari
seduti in semicerchio davanti casa che ingannavano il caldo conversando.
Poi, alle dieci, iniziava il rito più atteso che
trasportava noi bambini in un mondo magico e misterioso. Era il momento più
bello.
Mio nonno, austero nella sua cecità, sfiorando con le
dita il viso di ognuno pronunciava i nostri nomi riconoscendoci e tutti lo
guardavamo sbalorditi mentre lui sorrideva compiaciuto. «Nonno ci racconti una
storia?» - chiedevamo a quel
punto noi nipoti - e lui cominciava a raccontare leggende e fatti che oggi
apprezzo per il significato nascosto che avevano e che in quel tempo non
capivo.
Mentre lui narrava, noi piccoli ci sentivamo in sincronia
con l’universo e i nostri cuori battevano all’unisono. Era silenzio assoluto,
poi la cadenza ritmica delle sue parole ci trasportava in un mondo a noi
sconosciuto, come in un bosco.
Lei, fidata custode di tutte le sue sofferenze
interiori, non lasciava trapelare nulla di ciò che che custodiva gelosamente. A
quel punto chiesi, incuriosito, cosa contenesse la borsa. «Fogli, dei semplici
fogli bianchi che non hanno avuto il coraggio di farsi scrivere ed altri pieni di parole, che non avrebbero mai visto
la luce come antichi reperti sotterrati».
Fu la risposta
di mio nonno che, malgrado la cecità,
riusciva a vedere molto lontano con gli occhi della mente. Pazientemente
le pagine aspettavano, prima o poi sarebbero venute al sole ed avrebbero
inebriato l'aria con le loro storie, tutto dipendeva dall'uomo che non aveva
coraggio ed era esitante.
Mentre il tempo correva come un bambino appresso alla
sua palla la borsa diventava sempre più pesante da trasportare, l'uomo la
trascinava come un relitto e non si decideva a svuotarla, ma un giorno accadde
qualcosa che lo convinse a liberarsi di quel fardello.
Lo spirito della donna, vagando nello spazio infinito,
incontrò l'anima irrequieta del suo uomo e parlandole dolcemente la convinse a
liberare le parole tenute prigioniere da tanto tempo. La valigetta di tela
grigia prese vita, divenne colorata come l'arcobaleno, e si aprì al mondo
diffondendo il proprio contenuto nell'atmosfera.
A quel punto storie, riflessioni, angosce e gioie,
cominciarono timidamente ad uscire in esplorazione come astronauti sbarcati su
un pianeta alieno ed assaporarono il giudizio degli uomini che fu a volte
esaltante e a volte umiliante.
In ogni caso le storie cominciarono a dare qualcosa
alla gente, in certi momenti serenità a volte consolazione ed altre volte
gioia.
L'uomo con la borsa era contento perché, riuscendo ad
abbattere il muro dell'egoismo che lo separava dal resto del mondo, cominciava
a condurre una esistenza nuova approdando nella
terra delle esperienze
fatte per essere
raccontate.
E mio nonno parlava, parlava
e noi in silenzio lo ascoltavamo rapiti, lo guardavamo con gli occhi sgranati. No, non capivamo, ma lo ascoltavamo
sicuri che un giorno avremmo compreso.
Il
tempo è passato e adesso vivo in un'altra terra, l’Abruzzo. Ieri notte, a distanza
di quarant’anni, ho visto in sogno l'uomo - senza borsa - seguito da uno nugolo
di ragazzi vocianti e sorridenti a cui raccontava le storie semplici che lo
avevano fatto crescere insieme ad altri uomini che non avevano saputo
trasmetterle ai loro figli.
Uomini
che le avevano dimenticate durante una inquieta esistenza tesa al consumo, per
stare al passo con i tempi e le mode, riuscendo splendidamente a non stare al
passo con i ritmi che l'eternità ci ha imposto dalle origini.
Ritmi scanditi dalla famiglia, dallo stare insieme, dal sorgere e tramontare del sole e dal sapore del pane e del sale.
Copyright Concetto Scandurra © 2012
Ritmi scanditi dalla famiglia, dallo stare insieme, dal sorgere e tramontare del sole e dal sapore del pane e del sale.
Commenti
Posta un commento