Passa ai contenuti principali

Il ritorno

Erica non avrebbe creduto ai suoi occhi: di fronte a lei aveva proprio Graziano, il "suo" Graziano. 
Ecco, la scena si sarebbe svolta proprio così. L'aveva immaginata migliaia di volte specie nei momenti in cui la nostalgia, dei propri amici e della vita che aveva lasciato sulla terra, si  faceva più  incalzante. 
Da quanto tempo era in viaggio? il display segnava una percorrenza di circa tre miliardi di chilometri e lui, disteso dentro il cilindro del sonno, si era svegliato nei tempi previsti dal piano di volo. 
Dall'oblò innanzi al suo viso, scrutava stupito la grandezza sconfinata di un universo splendido nel suo pallore stellare. Graziano, primo astronauta italiano in viaggio interplanetario, da quattro anni era in volo verso Oratius 34, il pianeta  scoperto dal  grande telescopio orbitante, da cui  erano pervenuti sulla terra i primi segnali di vita aliena.
Cominciò metodicamente a predisporre le operazioni susseguenti al suo risveglio mentre il rumore di fondo, dei dispositivi di guida automatica, lo aiutava a concentrarsi nel lavoro. Ormai era vicino al pianeta e le prossime ore  sarebbero state molto delicate. 
Pensò alla terra, ai suoi parenti ed agli amici che avrebbe ritrovato molto cambiati al suo  ritorno. Pensò ad Erica, chissà se lo avrebbe aspettato paziente come Penelope, tra loro due era nata una amicizia che stava  avviandosi a divenire  qualcosa di più serio, ma in vista del viaggio spaziale, avevano deciso di soprassedere. 
Graziano sarebbe stato lontano per due lunghi anni. 
«Ci incontreremo per strada o in qualche ristorante» avevano scommesso ridendo, «lasciamo fare al caso». Se lei fosse stata ancora libera, si sarebbero sposati. 
Docile ai comandi, l'astronave procedeva regolarmente nella traiettoria di avvicinamento al pianeta e l'uomo ordinò al computer di bordo di far rientrare nel  proprio  alloggiamento, la "rete acchiappa pesci" ed il comando fu eseguito.
Gli astronauti chiamavano così, nel loro gergo, i pannelli di intercettazione delle micrometeore poste a protezione dello scafo durante il volo.Graziano era calmo e sereno perché la missione era stata molto più tranquilla del previsto. 
Un suono improvviso e stridente, lo fece sussultare, seguì un crepitio simile ad  una sventagliata di mitra e la realtà  lo  investì con  tutta  la  sua asprezza.
«Cazzo!» pensò, «delle meteore vaganti hanno colpito lo scafo, sono stato uno stupido ad ordinare il rientro anticipato dei pannelli di protezione». Poi ci fu un lampo di luce che lo accecò. «Signore, signore si  svegli, lei si è addormentato durante l'esame ».
Prese coscienza e si guardò attorno, era dentro il cilindro dell'apparato di Risonanza  Magnetica  Nucleare, in ospedale. 
Si era assopito ed aveva sognato, tutta colpa dei romanzi di fantascienza che amava leggere. «Torni tra cinque giorni» disse l'infermiera, «le faremo avere l'esito dell' indagine appena eseguita in merito alla sua ernia del disco».
«Altro che astronavi in viaggio nello spazio profondo o dischi più o meno volanti»,  pensò Graziano rimettendosi la tuta spaziale,  pardon!  la giacca, ed andò via.
Il viaggio era terminato e lui, più che atterrato su un nuovo pianeta, si sentiva atterrito dal pensiero di un eventuale intervento  chirurgico.

Commenti

Post popolari in questo blog

Reset

Avete mai visto una casa che è stata costruita ai limiti di un precipizio? Una casa che gioca a nascondere i pensieri e molte volte li perde o li ritrova e all’improvviso si commuove meditando sulle persone che hanno transitato e vissuto dentro di lei e che la guerra ha portato via. Ogni casa ha due porte: una ha il contatto con il mondo, l’altra, sul retro, si apre su panorami notturni, ombre che vagano, dirupi, abissi e scogliere mostruose battute dalle onde che usano su di loro una violenza inaudita. Ecco quella è la casa della morte. Al di la di quella porta c’è un andirivieni sommesso di esseri che vagano senza pace, ombre che sono andate via da questo mondo nella solitudine più triste, senza un saluto o una carezza di conforto. In quel mondo virulento la schiuma della vita ricopre le spiagge in modo quasi impercettibile ed il rumore di questa schiuma, che si forma e scompare in continuazione è inquietante. In quel mondo la notte è priva di stelle chiare e tranquille ed il tempo

Era mio nonno

Ho sempre visto la foto di nonno Giuseppe Ferro dal basso, a casa di nonna mi guardava dal quadretto appeso al muro ed io vedevo la croce di guerra di metallo scuro e mi faceva paura.  Guardavo la nonna sempre vestita di nero incornicata dai suoi capelli bianchi testimoni di tanti dolori.  Non capivo ma mi chiedevo…poi aspettavo il giorno dei morti, il giorno che per noi bambini siciliani è particolare perché la mattina trovavamo i regali lasciateci dai nostri morti.  Ed io pensavo al nonno che non avevo mai conosciuto.  Quando andavamo al cimitero guardavo la lapide posta in alto ed io dal basso ero incuriosito da quel volto stampato nell’ovale di ceramica…ed i capelli di nonna diventavano sempre più bianchi.  Mi sono sempre chiesto com’è un nonno che non conosci, adesso lo so, è un uomo semplice che ha donato la vita per la sua patria salvando i suoi uomini mentre la morte lo aspettava al varco.  Gli eroi sono i semplici, non le persone complicate, gli eroi ragi

L'ultimo battito

Oggi ho assistito ad un spettacolo triste, la fine della vita di una farfalla.  Si agitava, si rivoltava, tentava l'impossibile, ma non c'era nulla da fare, era arrivata la fine della sua vita. Tre volte l'ho presa delicatamente e l'ho fatta volare ma dopo tre battiti d'ali precipitava per terra.  La natura aveva deciso, era bellissima con le ali aperte.  L'ho deposta in un posticino all'ombra per non farla soffrire troppo ma non si è mossa.  Sono rientrato in casa e poco dopo sono andato per vederla, non c'era più, un gatto che si aggira nel terrazzo l'aveva mangiata.  È la legge della natura.  Si dice che il battito d'ali di una farfalla provochi una tempesta dall'altra parte del mondo, a me ha provocato un sofferenza nel cuore.