Gloria
ammirava incantata lo scorrere del panorama, che si dipanava come un filo,
lungo l'itinerario che il treno percorreva per l'ennesima volta. «Guarda anche tu» disse, rivolta al
marito, «sembra una cartolina».
Imprigionata nella sedia a rotelle,
malgrado la notte insonne e la
sofferenza continua, la donna era riuscita a cogliere il breve attimo che
precedeva il sorgere del sole, quando
tutto è avvolto in un silenzio irreale. I binari, che in quel momento
costeggiavano il mare, sembravano sfiorare le barche dei pescatori che, confuse
tra la limpidezza dell'acqua e la prima nebbiolina del mattino, erano come
sospese nel vuoto.
Gli uomini che le governavano, sereni come chi non ha nulla da chiedere alla vita, godevano di
sensazioni ad altri precluse. La donna
si recava, accompagnata dal marito medico, in un grande centro specializzato
per la cura della sclerosi multipla. Il viaggio sarebbe stato lungo un giorno,
la meta era Milano.
L'uomo, taciturno e
pensieroso, non riusciva a convincersi
del fatto che, mentre lui spesso riusciva a dare speranze e prospettive
ai suoi pazienti, nessun aveva saputo fare altrettanto nei confronti di Gloria. Cosciente di dover
perdere la donna amata, ormai malata allo stadio terminale, non accettava il
verdetto. Intanto il treno, lasciando la costa, percorreva un tratto di
campagna immerso nel giallo abbagliante dei girasoli. Il ritmo ipnotico,
prodotto dallo scorrere delle ruote sui binari, accompagnava i ricordi del medico che affollavano la sua
mente, veloci come il panorama che osservava
dal finestrino.
«Perché, voi dottori, non siete capaci di scoprire una cura per la mia
malattia?» - chiese d'un tratto Gloria. Nella testa del marito a quel
punto, esplosero i rimorsi che come avvoltoi cominciarono ad assediarlo.
Esitava a rispondere, si sentiva
imbarazzato come uno studente al suo primo esame universitario. Non seppe che cosa dire.
Luciano, da quando la
moglie si era ammalata, aveva preso l'abitudine di svegliarsi molto presto ed
alle cinque e trenta era già in piedi. Dopo il primo caffè, accertatosi che la
donna dormisse e non avesse bisogno di nulla, si recava a comprare il giornale
alla stazione. La passeggiata gli faceva bene, era un momento tutto suo, poteva
pensare con tranquillità, cosa
impossibile da fare durante il giorno assorbito com'era dal lavoro.
Pietro, l'edicolante, lo aspettava e gli porgeva la copia
ancora fresca di stampa del suo giornale preferito, quindi
chiacchieravano per qualche minuto poi si salutavano. Il rito si svolgeva
immutato da circa quarant’anni, con rarissime assenze da parte di ambedue che
si stimavano reciprocamente. Luciano, molto conosciuto nel quartiere che lo
aveva visto bambino, era benvoluto da tutti per come aveva esercitato fin dal
primo momento, la professione di medico. Era diventato un mito per la sua
serietà e disponibilità.
Poi la vita, come un severa maestra, lo aveva messo in riga con
l'insorgere della malattia della moglie.
Solitario come un monaco, nel suo intimo dolore, era nell'ambulatorio
già dalle sei del mattino, quando molti altri suoi colleghi dormivano.
Dispensava aiuto e medicine, ma chi aiutava lui aggredito dai sensi di colpa nei confronti della moglie?. Spesso
rifletteva sul fatto che, se fosse stato
uno specialista avrebbe potuto aiutare più validamente la propria amata. Poi,
dopo una accurata analisi di coscienza, si rendeva conto
che stava facendo il
possibile. Sentiva, nel suo intimo, di non riuscire a stare al passo con
i ritmi frenetici imposti dai tempi attuali
e l’età si faceva sentire.
La ricerca medica aveva fatto passi da gigante
da quando si era laureato, nel lontano 1948, la preparazione culturale e formativa
della sua epoca, gli aveva dato un modo di operare completamente
diverso da quello odierno. Medico di vecchia scuola, profondo conoscitore delle
sintomatologie e grande diagnosta, per lui era fondamentale l'approccio
personale ed intuitivo nei confronti del paziente. Luciano si trovava a pensare
che malgrado i computers, le reciproche consultazioni tra centri di ricerca ed
il lavoro di èquipe, a tutt'oggi, non si era
ancora effettivamente compresa,
l'origine della sclerosi multipla identificata nel lontano 1877.
Una sola era la
certezza, malgrado le ricerche avanzate, sua moglie era destinata a morire.
Ironia della sorte, lui non poteva
fare nulla per
evitarlo. Cullato dal dondolio del treno, cominciò a tornare indietro
con la memoria, rivivendo i tempi dell'Università,
della gioia del primo amore, del fidanzamento e del successivo matrimonio. Un
lamento della moglie, lo distolse dai suoi momentanei pensieri,
riportandolo alla realtà. Il viaggio era ancora lungo e la
donna, speranzosa, lo stava affrontando con grande coraggio malgrado le
sofferenze che impietosamente la oltraggiavano. Sarebbe stato un giorno diverso
dagli altri.
L'uomo la guardò con
amore e le baciò la fronte, poi chiuse gli occhi distendendosi sulla cuccetta, era
depresso. Malgrado la stanchezza cominciò a pensare ai numerosi pazienti
che, appena informati del viaggio che avrebbe intrapreso con la moglie, erano
andati a salutarlo alla stazione. Forse, per la prima volta, quelle
persone avevano compreso che anche lui, aveva bisogno di altri medici per risolvere
i suoi problemi. Era uno di loro. Nel suo intimo sapeva che il viaggio sarebbe
stato inutile e si rendeva conto di essersi aggrappato, disperatamente, ad una
speranza che non sarebbe mai divenuta certezza. Era comunque contento perché il
figlio, che lo sostituiva nell' ambulatorio, stava facendo esperienza
sotto la sua guida ed il suo esempio. Sarebbe diventato
anche lui un bravo medico, e
chissà …
Durante le veglie
notturne, quando Gloria non riusciva a
dormire per gli atroci dolori, le raccontava delle meraviglie tecnologiche che
preannunciavano, nel prossimo futuro la soluzione del mistero inerente la sua malattia. Affascinata dalle
parole del marito la donna, lo guardava con occhi rapiti, sentendo nel suo
animo che la cosa non avrebbe riguardato
lei. Presagiva, senza darlo a vedere,
che non sarebbe stata cittadina del terzo millennio. Il viaggio proseguiva malinconico e la sera sorprese quelle due
dolci anime, che si tenevano per mano,
mentre guardavano il cielo che si riempiva di
stelle. Come ai vecchi tempi.
Luciano sentiva la mano
ossuta e tremante della moglie, cercare nella sua la sicurezza di un approdo come il marinaio dopo
la tempesta. Il treno, rapido come una freccia, proseguiva il suo viaggio nel
buio della notte di San Lorenzo mentre l'uomo guardava la donna con il cuore pieno
di un amore infinito.
Ad un tratto Gloria trasalì nel vedere una stella
che, risplendendo di una luce irreale, sembrava dirigersi verso di loro.
Attraversando segrete vie segnate nello spazio infinito ed aggirando nebulose e
pianeti, si dirigeva verso quelle due creature che stavano vivendo il tragico prodigio di un momento magico. «Guarda
Luciano!» gridò la donna «una stella
cadente viene verso di
noi, esprimi un desiderio forse sarà esaudito».
Quindi reclinò il capo
dolcemente, avviandosi verso una esistenza
più serena. Il tempo si era fermato per la sua donna “il medico” pianse
ed in quel preciso momento ebbe la conferma che una dolce anima, vagando
nell'universo come una cometa, lo avrebbe aiutato nella sua missione per portare sollievo e speranza ai
sofferenti.
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