“Una
penna o una matita che scorre sulla carta descrive il paesaggio e il paesaggio
tende l'orecchio perché il viaggiatore gli piace ed ascolta il linguaggio che
lo descrive tratto per tratto. Paesaggio Paesaggio è così che ti vedo...”
Mi tolgo gli occhiali, chiudo il libro
di Prévert e guardo il panorama che da
qualche minuto si mostra dal finestrino dell’aereo. Bella e piena di grazie è
la mia terra mentre la guardo dall’alto, terribile e vendicativa, mentre
l’accarezzo con lo sguardo e la sento nell’ombra della mia coscienza. Ecco la
Calabria.
Da troppo
tempo sono mancato e penso che tutto
ciò che ho visto nel mio ultimo viaggio alla casa natale è come se lo avessi
visto con gli occhi di quando avevo pochi anni e penso che mentre passeggiavo lungo la strada silenziosa dov’era il
posto dove sono nato, mi sentivo come un ladro. Ho rubato la mia storia e l’ho
nascosta per paura. Ho scritto «omissis» su gran parte della mia vita
camminando in equilibrio instabile sulla schiena di un tempo sospeso.
Ho scritto «omissis» chiudendo gli occhi
sulle tragedie della mia terra invece di sostenerla mentre altri combattevano
una lotta impari contro gli antichi usi ancestrali di oppressione e sopruso.
Ho
scritto «omissis» sulle mie origini perché mi vergognavo. Il sibilo dei motori a getto mi
accompagna e le montagne appaiono e scompaiono tra le nuvole, la memoria mi riporta ai luoghi mai dimenticati e vado indietro negli anni della giovinezza e il pensiero va all’innocenza di mia madre e allo sguardo vinto di mio padre che desiderava un futuro migliore per me.
Ecco, sono in balia del mare dei ricordi e mi rivedo in quella strada dove sono cresciuto, mi sento manovrato dai fili invisibili di un burattinaio compassionevole, e sotto un cielo limpido risuonano nelle mie orecchie i nomi dei compagni di infanzia: Rocco… Domenico… sento le loro risa ed è come se gioissero del mio ritorno a casa.
La memoria è fatta di nostalgia e di sogni infranti dagli «omissis», le cose che non si devono sapere. Ecco, questo è ciò che realmente manca alla mia terra, il sereno vivere ed il coraggio della verità e della giustizia. L’aereo prosegue l’avvicinamento alla pista ed un raggio di luce che attraversa il finestrino mi riporta a mio padre, umile contadino soverchiato da forze oscure più grandi del suo povero sapere. Lui che non chinava mai il capo e lottava strenuamente per i suoi diritti e per quelli dei suoi compagni di fatica, lui che in una vigliacca sera di agosto fu colpito duramente da mani nascoste che lo ridussero in fin di vita, lui che dopo mesi di sofferenza volle che io andassi via per vivere un'esistenza migliore. In un'altra regione - «più civile» - mi disse.
Partii che avevo diciotto anni e studiai, lontano abbastanza da non poter più sentire nel mio cuore il rumore del vento e l’odore dell’aria della campagna calabrese che annichiliva i miei sensi, come un'amante impetuosa. Oggi sono uno scrittore affermato che non ha saputo amare con onore la sua terra, oggi ritorno deciso a combattere con le mie parole, armi che non grondano sangue, che colpiranno decise il cuore di chi vuole questa regione a capo chino. Niente «omissis», nessuna vita nascosta, tutto deve essere chiaro. Ho appreso nei giorni scorsi dell’arresto di un latitante che viveva tranquillamente in una casa posta nella via principale del paese: ordinaria amministrazione.
La gente del mio paese lo sapeva? «omissis».
La gente del mio paese lo sa che i giovani appena possono scappano al nord e lì si stabiliscono? «omissis»
La gente del mio paese lo sa che tra pochi anni ci sarà una sola sezione alle scuole elementari? «omissis».
La gente del mio paese lo sa che durante le elezioni vi sono persone che si presentano nelle case comprando i voti di intere famiglie? «omissis».
Sì la gente del mio paese lo sa.
Adesso io torno perché mia madre desidera crescere un nipotino che non conosca la parola «omissis» ed io sono pronto a dipingere un orizzonte che mio figlio dovrà guardare a testa alta, senza abbassare lo sguardo, perché non deve crescere come me in un paese lontano ma deve germogliare nella sua terra. Un sobbalzo mi riporta alla realtà, l’aereo è atterrato e si avvicina all’aerostazione, la mia terra mi osserva perplessa ed io guardo ad una nuova vita della quale ho già l’incipit: “Bella e piena di grazie è la mia terra, come la Madonna , mentre la guardo, e tutto intorno è gioia, armonia e pace”.
Ora gli angoli della mia coscienza, oscurati dalla polvere del tempo sono illuminati e avanzo senza paura pronto a risalire i mille scalini della nuova esistenza.
L’aereo è fermo, non si sente un sospiro nella fusoliera, esco e mi appare Lei in tutto il suo splendore, la Calabria.
Sono i “Padri”, ritornati per aiutarmi a costruire una nuova terra libera e senza scellerati «omissis».
Bene.Il pensiero ha attivato la coscienza,la coscienza ha ritrovato il coraggio dell'azione.Questo è il "dovere" degli intellettuali.Non è mai troppo tardi per scuotersi la polvere degli "omissis".
RispondiEliminaMirka