“Ho voglia d’andarmene, d’andarmene in qualche posto dove sia veramente al
mio posto, dove m’ingrani… Ma il mio
posto non è in nessun luogo; io sono di troppo” dice Sartre nel suo
libro ‘La nausea’.
Ci sono giorni in cui
l’equilibrio è così fragile da permettere che il mondo, così come noi ce lo immaginiamo,
si frantumi in tante piccole schegge difficilmente ricomponibili.
Basta una
parola sbagliata o un rumore sgradevole o un accadimento imprevisto che ecco,
si inizia a provare rabbia, repressione, depressione.
Perchè a volte davanti
alle contingenze della vita ci sentiamo vittime incapaci di arginare le
perturbazioni anche di un solo breve temporale.
Le nostre incapacità probabilmente
derivano da una non completa accettazione del mondo o dei valori che ci
circondano e spesso quel libero arbitrio di cui andiamo tanto fieri risulta
praticamente inutile o inesistente dal momento in cui la nostra vita viene
gestita da altri… uomini oscuri che determinano l’andamento del genere umano…
uomini mai autorizzati da noi a compiere determinate azioni.
Così ci ritroviamo a subire
l’aspra e inflessibile sentenza voluta da chissà chi, esseri senza nomi o
volti.
E se per caso sentiamo il bisogno di sfogarci, di tentare inutili alzate
di testa, non sapremmo nemmeno con chi ce la dovremmo prendere. Le sconfitte
esistono, chi non ne ha mai subito una…
La verità è che ci sono momenti
in cui tutto ci stanca, la competizione di cui ci rendiamo vittime, il senso
del dovere mai premiato, l’inadeguatezza del proprio ruolo, in certi casi, come
genitore o fratello o parente, la mancanza di incentivi o di un minimo di
certezze, almeno quelle poche e necessarie per vivere, come sapere, ad esempio,
che domani ci sveglieremo, che avremo qualcosa da mangiare, qualcuno d’amare.
Insomma quelle tante
piccole banalità che attraverso la loro incertezza ci conducono alla certezza,
ma… l’unica certezza è l’incertezza.
Commenti
Posta un commento